“Invece di indagare sul perché l’Impero Romano venne distrutto, dovremmo piuttosto essere sorpresi perché ha resistito così a lungo.”
Edward Gibbon
(Nella foto, George Frederic Watts, Hope – 1885)
Ci sono diverse categorie di studenti, riflette il professore accingendosi ad interrogare. Interrogazioni programmate, ovviamente. Ai suoi tempi di interrogazioni programmate non se ne parlava neppure, bisognava studiare tutti i giorni per non risultare impreparati. Ora già dalle interrogazioni programmate non c’è da aspettarsi grandi risultati, figuriamoci interrogando senza preavviso. Adesso si gioca sul velluto. Non che esistano classificazioni rigorose, univoche e condivise, neppure si può individuarne una valida in tutte le situazioni, ma nel caso delle interrogazioni è sicuramente possibile proporne ancora una, molto semplice e schematica. Una tra l’altro adeguata in maniera trasversale alle due componenti di quella che è probabilmente la sola ripartizione ufficialmente adottata nella scuola inclusiva italiana, quella tra studenti con bisogni educativi speciali, includendo in questa anche le disabilità, e studenti senza tali bisogni, ordinari, se così possono essere definiti. I due assi di riferimento opportuni per definire questa nuova classificazione sono uno il livello di preparazione e l’altro il livello di emotività. Chiaramente il livello di preparazione è più facilmente esplicitabile e, in uno spirito di estremizzazione, è riducibile alla dicotomia non-preparato e preparato. L’emotività è un concetto più sfuggente e articolato, che può essere però ricondotto ad un misto di emotività relazionale, legata all’interazione studente-docente, e di emotività epistemica, legata allo stress dell’apprendimento e dell’interrogazione in corso. In questa accezione semplicistica, si può riportare l’emotività alla dicotomia non-emotivo, confinante con la sfrontatezza, ed emotivo, confinante con la fragilità.
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Il racconto è integralmente incluso nel libro Un gioco nel fango, pubblicato a gennaio 2023.