“La Dea canto ch’è vaga di strepiti, Artemide, pura / vergine (…) ne treman le cime / dei monti eccelse, tutta risuona la cupa foresta, / all’urlo delle fiere, con rombi tremendi, la terra / inorridisce e il mare pescoso.”
Ad Artemide (Inni omerici minori)
(Nella foto, Artemide, Museo del Louvre)
Quello fu il giorno più bello nella vita di Antonangela Spadaro. Ovviamente, si potrebbe dire, visto che quello fu il giorno del suo matrimonio. Ad organizzare non la cerimonia matrimoniale, non era certamente suo compito, ma a predisporre le premesse per le nozze, era stato Salvatore Capuano. Tra i suoi delicati affari di intermediazione, sempre efficacemente trattati, rientravano quelli matrimoniali, dei quali era considerato un maestro indiscusso. Nel corso della cerimonia, peraltro sfarzosa ed opulenta, com’era costume di tutte le cose attinenti la famiglia dello sposo, organizzata direttamente dal neoconsorte Peppino Caronia, avvezzo a feste e festini, questi aveva anche recitato in omaggio alla sua sposa una splendida e classica poesia, consigliata la settimana prima proprio da Salvatore Capuano. Voglio in vero lodare la mia donna / e paragonarle la rosa e il giglio / è più luminosa della stella che sorge all’alba, / e ciò che in cielo è bello a lei assomiglio. / Le paragono una verde campagna e l’aria, tutti i colori dei fiori, il giallo e il rosso, / l’oro e l’azzurro e i ricchi gioielli che si donano: / perfino Amore grazie a lei diviene più puro. / Passa per la via così bella e nobile / che abbassa l’orgoglio a chi dona il suo saluto / e lo converte se non è credente: / Nessuno che sia vile le si può avvicinare / anzi vi dirò che ha un potere ancora più grande / nessuno può mal pensare finché la vede.
(…)
Il racconto è integralmente incluso nel libro Escursioni, pubblicato ad aprile 2022.