A volte per raccontare delle verità bisogna inventare delle storie. Per coloro i quali le storie sono più eccitanti della verità.
(Nella foto, la famosa foto numero 51 della forma B del DNA ottenuta da Rosalind Franklin nel 1952)
Suonò il campanello. Tutti si misero immediatamente in movimento. I più in piedi, già con gli zaini pronti, altri affaccendati a raccogliere libri, quadernoni, penne e astucci. La voce irritata della professoressa li congelò nelle loro posizioni. Fermi, urlò, seduti, non ho ancora finito! Mestamente e borbottando ripresero i loro posti sulle sedie. Stavo concludendo, riprese la professoressa, che per la continuità di una funzione in un punto sono quindi necessarie tutte e tre le condizioni, cioè l’essere definita in quel punto, che esista e sia finito il limite per l’ascissa che tenda a quel punto, infine che tale limite sia proprio uguale al valore della funzione in quel punto. Ora potete andare, aggiunse magnanima. Lo scatto degli studenti fu repentino e in un battibaleno tutti furono fuori dall’aula, aggregandosi al fiume di compagni che già procedeva verso le scale e le uscite. Voci, risate e rumori accompagnavano la fiumana di ragazzi e ragazze, eterogenei, colorati e variegati. Saluti e abbracci, nelle più diverse modalità e sonorità, si sprecavano. Rose, dissero diversi compagni, ragazzi e ragazze, ci vediamo domani. A dopo, aggiunse uno dei ragazzi, mimando con l’indice destro il piccolo vortice tipico del tempo che scorre, passo a prenderti verso le sei. Rose gli indirizzò un sorriso fulminante e gli inviò un bacio, poi si diresse verso l’auto della madre che l’aspettava in seconda fila, col motore già acceso. Ciao Laura, disse la madre, tutto bene? E la baciò su una guancia con amore.
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Il racconto è integralmente incluso nel libro IL LABIRINTO, pubblicato ad aprile 2020.