“L’etica stoica, presa nel suo insieme, è in effetti un pregevolissimo e rispettabilissimo tentativo di utilizzare il grande privilegio dell’uomo, la ragione, per uno scopo importante e salutare, cioè per elevare l’uomo al di sopra delle sofferenze e dei dolori, a cui ogni vita è commessa.”
Arthur Schopenhauer
(Nella foto, statua equestre dell’imperatore Marco Aurelio)
Se c’è una cosa che odio più di tutto, che evito deliberatamente e accuratamente di fare, è ridere. In generale ho una visione stoica dell’esistenza, orientata ad una integrità intellettuale e morale attraverso il distacco dalle cose terrene, l’autocontrollo e il dominio sulle passioni. Sono pertanto ad una continua ricerca per riuscire a perseguire l’ideale dell’atarassia, dell’imperturbabilità, dell’affrancamento da eccessi verso l’esterno e verso il mio stesso inconscio, senza naturalmente sfociare nell’apatia e nell’insensibilità. Naturalmente, vi esorto a non prestare fede a quanti, in maniera avventata e sprovveduta, accostano lo stoicismo a forme di disturbo comportamentale, di disagio psichico e addirittura di autismo patologico. Pensate che, una volta, sono stato sbeffeggiato per la mia camminata austera e misurata, spalle dritte, viso assorto e sguardo corrucciato, fisso in avanti. Avevo anche un trench corto, a vita stretta, molto elegante. La filosofia stoica è razionalismo, è etica, è rettitudine, è onestà intellettuale, è sopportazione, è tolleranza, è saggezza e forza, non certamente indifferenza verso il mondo e la morale, né una patologia della mente e dell’inconscio. Non ridere è una delle tante forme di autocontrollo e di dominio interiore che esercito. Perché si ride poi?
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Il racconto è uno degli inediti inclusi nel libro IBRIDIZZAZIONI, pubblicato a settembre 2019.