L’esca

Una catechesi sulla ragione. (Nella foto, particolare delle decorazioni di Pietro Perugino)

Veniva verso di me con passo deciso, come se mi avesse mirato da lontano e quindi avesse speditamente intrapreso la via in linea retta per arrivare fino a toccarmi. Ma forse mi sbagliavo ed ero io ad essere inavvertitamente sulla sua strada, trasparente ostacolo verso la sua meta, invisibile ed irrilevante rispetto alla sua destinazione e all’obiettivo del suo cammino. D’altra parte, lui stesso era per me anonimo e insignificante rispetto alla mia occupazione contingente. Distolsi lo sguardo e tornai a concentrarmi sulla mia lettura, essa sì rilevante e avvincente. In quel momento io ero il guardiano e l’uomo di campagna, entrambi vicini alla porta aperta, così prossimi e così infinitamente distanti dalla legge, ero una volta l’uomo di campagna che chiedeva insaziabile di entrare e un’altra volta il guardiano che gli ribadiva che non gli poteva concedere il permesso, ero il guardiano che interrogava disinteressato e l’uomo di campagna che rispondeva per accontentarlo, con la speranza di ottenere il permesso, ero ora l’uno ora l’altro, ero entrambi, ero dentro la lettura e la storia, attore e spettatore. Ma la voce mi arrivò alle orecchie, prima ovattata, distante, come il mormorio di un temporale lontano, poi sempre più nitida si intromise tra me e il guardiano, tra me e l’uomo di campagna, tra il guardiano e l’uomo di campagna, così che ad un tratto fu una babele di domande, risposte e richiami.

(…)

Il racconto è integralmente incluso nel libro IBRIDIZZAZIONI, pubblicato a settembre 2019.

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