Strategie di sopravvivenza

Il termine dialettale abruzzese ‘ndundì ha il significato di intontito, tonto, tontolone, di chi arriva sempre un po’ dopo, di chi capisce e poi non ha capito niente, di chi dice di ricordare e poi ha dimenticato tutto. Nell’estate 2020 ho partecipato col racconto “Strategie di sopravvivenza”, da contenere in un massimo di cinque cartelle, ad una iniziativa letteraria mirata a creare narrativa a partire da parole della parlata abruzzese, iniziando appunto dalla parola ‘ndundì. Il mio racconto è risultato tra quelli selezionati per la pubblicazione. Purtroppo l’iniziativa è poi naufragata per problemi legati alla pandemia in corso. Riporto quindi il racconto nel mio blog.

(Nella foto, Antonio Ligabue, Autoritratto)

Le strategie per la sopravvivenza della propria specie e di se stessi, un po’ di egoismo in fondo è salutare, sono molteplici. Tra gli uomini c’è chi lavora molto e chi ruba, chi si assicura una numerosa prole e chi si attrezza per fare il parassita. Tra gli animali poi la fantasia è infinita. Alcuni puntano su una eccezionale velocità, di caccia o di fuga, altri sulla cooperazione sociale, chi punta tutto sul sesso, copioso e meglio se promiscuo, chi si mimetizza, chi si finge morto, chi agisce sui colori sgargianti e chi sul canto melodioso. Una specie di rana bisbiglia dolci parole d’amore, ad ultrasuoni e nella sua lingua, ovviamente. Un camaleonte pare si limiti semplicemente a starsene tranquillo per due terzi della sua esistenza dentro l’uovo, al sicuro, mentre addirittura alcuni topi sembra piangano, emettendo lacrime che rilasciano feromoni in grado di richiamare sessualmente i partner. È naturalmente l’ambiente a condizionare la scelta. A lui accadde di fare una scelta sublime, quella di essere intontito o, per meglio dire, ‘ndundì. In effetti, per essere del tutto precisi, non fu la sua prima scelta. L’opzione iniziale, già alla scuola materna, che allora era normalmente chiamata asilo, e poi nel primo anno della scuola elementare, ora diventata scuola primaria, fu quella di tentare di mimetizzarsi, confondersi con l’ambiente circostante in maniera da sfuggire alla vista e all’osservazione delle suore, allora uniche maestre d’asilo, e poi della maestra vera e propria, seconda mamma dei bambini alle elementari. A lui le suore erano antipatiche, sia come aspetto che come modi, e una seconda mamma non la voleva, quindi l’idea fu quella di cercare di diventare praticamente invisibile, scomparire, rendersi trasparente, come se non ci fosse.

(…)

Il racconto è integralmente incluso nel libro Un gioco nel fango, pubblicato a gennaio 2023.

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