La sceneggiata

“Un punto da chiarire è se la malattia determini il delitto o se il delitto stesso, per virtù propria, non sia sempre accompagnato da qualche fenomeno morboso.”

Fëdor Michajlovič Dostoevskij

(Nella foto, Carabinieri in perlustrazione di Giovanni Fattori, 1890)

Era un martedì mattina. Il capitano dei carabinieri Simone Giraudo, di anni trentotto, era nel suo ufficio al terzo piano della caserma, ultimo piano, in fondo al corridoio, dalla parte opposta rispetto all’accesso al piano, in maniera tale che per arrivare all’ufficio stesso fosse necessario percorrere tutto il lungo corridoio. Non che naturalmente questo fosse sufficiente per accedere direttamente al suo ufficio, perché una prima porta permetteva di entrare in una sorta di ingressino, alla cui sinistra c’era la porta, sempre aperta, dell’ufficietto della sua segreteria, dove un carabiniere di servizio accoglieva gli ospiti in arrivo, ovviamente su appuntamento o direttamente convocati, per poi farli accomodare nel salottino di fronte, anch’esso con la porta sempre aperta, arredato con un mobiletto basso centrale, un divano a due posti e due poltrone. Il resto dell’arredamento comprendeva due magnifici ficus benjamina, collocati negli angoli, appositamente scelti dal capitano e amorevolmente accuditi dal carabiniere di servizio alla segreteria, e tre quadri raffiguranti carabinieri a cavallo, copie di alcuni dipinti di Giovanni Fattori, unanimemente considerato il pittore che più ha rappresentato i carabinieri nella sua opera. Vari calendari dell’Arma, di diverse annate, erano appesi alle pareti con cordoncini rossi, mentre sul mobiletto centrale erano collocati a formare una piccola colonna numerosi numeri della rivista mensile Il Carabiniere, mentre altre copie dell’ultimo numero erano sparse sul ripiano, invitanti casualmente alla lettura dell’intervista al capitano Giraudo, inserita nella rubrica Fatti & Persone, realizzata in occasione della recente brillante operazione di recupero di una quantità consistente di opere d’arte rubate, con relativo arresto di una banda di ladri specializzati in tale tipo di crimine. All’altra estremità della porta di accesso all’ingressino, almeno un paio di metri dopo le porte della segreteria e del salottino, c’era la porta di ingresso dell’ufficio vero e proprio del capitano, sempre rigorosamente chiusa, imbottita nella parte interna onde meglio insonorizzare l’ufficio, dalle pareti rivestite in legno altrettanto insonorizzante. Ogni più piccolo dettaglio dell’ufficio, notevolmente ampio, era stato adeguatamente scelto dal capitano in persona, dalla grande scrivania alla sua sedia, alle due sedie disposte davanti, ai vari armadi addossati alle pareti pieni di documenti, al tavolo da riunione disposto perpendicolarmente alla scrivania, alle otto sedie, alle tre poltroncine dell’angolo salotto, al piccolo frigobar seminascosto in un angolo, alle piante, quadri e oggetti vari disseminati nell’ambiente. In fondo, sull’angolo destro, c’era la porta del bagno privato, un gioiellino di buon gusto e funzionalità.

( … )

Il racconto è uno degli inediti inclusi nel libro IBRIDIZZAZIONI, pubblicato a settembre 2019.

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