Traducendo in inglese un mio racconto del 2018, L’esecuzione, disponibile ora in versione ebook al seguente link Execution, ho ritenuto significativo riproporre alcune riflessioni che erano parte integrante del racconto, sull’importanza e il valore della democrazia.
“Il racconto è una riflessione sulla democrazia e sui suoi principi. Su quanto cedere sui principi, anche in modo all’apparenza minimale e irrilevante, sia logorante e pericoloso per la stessa democrazia. Sull’importanza dell’essere vigili e partecipi.”
Le riporto di seguito.
“Prima hanno cominciato a dire, a sostenere con motivazioni all’apparenza inoppugnabili, che fosse ormai necessario pensare a noi stessi, prima di tutto a noi stessi, smettendola di agitare la bandiera dell’accoglienza perché si era ormai oltrepassato ogni limite, quindi occorreva con decisione limitare, contenere, cessare di accogliere indiscriminatamente immigrati irregolari, falsi profughi di guerra, falsi perseguitati, gente in cerca di altre fortune, rom, zingari e simili varianti. Era evidente come ci privassero di lavoro, serenità, pace e sicurezza. Era ovviamente giusto ristabilire l’ordine e la legalità, la fiducia e l’incolumità, le regole e la sovranità. In tanti abbiamo pensato, io ho pensato, che fosse vero, corretto e improcrastinabile, ammissibile e condivisibile. Ne sono diventato convinto e attivo sostenitore, facendo a mia volta testimonianza e proseliti. Poi hanno rinforzato le loro argomentazioni facendo notare come ci fossero chiari segnali, sociali, religiosi e politici, di quanto problematiche fossero le mescolanze, quanto difficile fosse l’integrazione, quanto pericolosa fosse la contaminazione, asserendo la necessità di evitare a tutti i costi che il processo continuasse e degenerasse, studiando ed individuando opportuni paletti, necessari interventi, inderogabili provvedimenti legislativi. Non era certamente questione di discriminazione e di razzismo, ci mancherebbe altro, ma l’evidenza della situazione rendeva opportuno sollevare la soglia d’allarme e procedere con celerità. In tanti abbiamo condiviso, io ho condiviso, l’inoppugnabilità, la necessità e l’urgenza di intervenire. Ho fatto la mia parte nel supportare le motivazioni, organizzare gruppi di condivisione e di pressione, accelerare l’entrata in funzione dei doverosi interventi. Successivamente, a valle della chiara percezione di quanto i provvedimenti presi, in questi e altri settori affini, fossero praticamente inefficaci, meri palliativi, segni evidenti di sostanziale indecisione nell’affrontare i problemi alla radice, di eccessiva cautela e debolezza, di incompleta, assoluta e generalizzata pubblica condivisione, di remore falsamente morali e concettuali, fu ufficialmente ed energicamente dichiarata tolleranza zero verso tutti quelli, individui e gruppi, che vivessero, pensassero e si comportassero sulla base di principi diversi in termini del tutto generali, dalle questioni più attinenti alla religione, agli aspetti più eminentemente politici, ai temi più squisitamente etici, alle valutazioni più specificamente scientifiche, alle accezioni più finemente artistiche, alle interpretazioni più propriamente culturali. Come non concordare con tale decisa e definitiva nuova impostazione. Praticamente tutti abbiamo valutato, io ho valutato, l’assoluta validità di una simile decisione, la necessità e l’urgenza di trovare tutti gli strumenti, legislativi, di propaganda e di persuasione, per sostenerne in maniera efficiente ed efficace l’accettazione, in forma pienamente condivisa e completamente interiorizzata. A corollario di tali decisioni, è stato ritenuto come inevitabile intervenire risolutamente per limitare non certo la libertà, ma l’utilizzo improprio e scorretto, palesemente erroneo, l’abuso della possibilità di professare e promuovere le proprie convinzioni, idee e opinioni in settori delicati e sensibili come la religione, la politica, l’economia e la morale, sia individualmente che in forma associativa, organizzata o meno, attraverso tutti i mezzi di comunicazione, dai giornali alle televisioni, alla radio, a internet, anzi soprattutto mediante i nuovi strumenti di collaborazione e di espressione come i social network. Era lampante il bisogno di contenere le fonti di informazioni indiscriminate, esercitarne un controllo assoluto, accentrare la diffusione di informazioni vere, obiettive ed imparziali. In tanti abbiamo giudicato, io ho giudicato, l’impellenza di tale bisogno e il dovere morale di diventarne portavoce e convinto sostenitore. Poi hanno evidenziato come fosse palese l’ingovernabilità del paese a causa dell’eccessiva frammentazione dei partiti politici, in grado di ingenerare forme di ostruzionismo e ricatto parlamentare, inibendo ogni intervento legislativo indirizzato a normalizzare, migliorare e regolamentare l’ordinato vivere civile, il progresso economico, la riduzione delle povertà, la diffusione del benessere e della ricchezza. Tutti abbiamo considerato, io ho considerato, ragionevole e urgente ridurre il multipartitismo, procedere verso il bipartitismo e anzi, cominciare a porsi ragionevolmente la questione, senza false remore e condizionamenti, dell’utilità stessa dei partiti, retaggio di vecchie e ormai sorpassate modalità di organizzazione della vita politica, inutili e superate dall’evidenza della praticabilità, efficacia e correttezza dell’esercizio della democrazia diretta, unica, vera e sacrosanta rivoluzione della politica e soluzione dei mali della classe dirigente, della cattiva amministrazione, della corruzione e delle inefficienze dei processi decisionali ed operativi. A seguire, in maniera ormai incalzante, hanno sostenuto con dati alla mano ed incontestabili argomentazioni, supportate da studiosi eminenti a livello internazionale, che le continue, ricorrenti e regolari elezioni, a livello centrale e periferico, fossero ormai diventate oltre che costose, anche controproducenti, inutili e spesso pericolosamente rischiose, aprendo la possibilità a infiltrazioni e manovre da parte di poteri occulti, nazionali ed internazionali, che avrebbero inficiato la libera espressione e la corretta competizione. Ho trovato, insieme a molti altri, ineccepibili le premesse, le argomentazioni e le conclusioni, appoggiando pienamente e con totale convincimento le decisioni prese. Inevitabilmente, a questo punto, hanno tratto la conclusione che per una ottimale gestione della cosa pubblica, evitare complicazioni inutili, lungaggini amministrative e politiche, moltiplicazione delle competenze, apparati superflui e costosi, intralci e inefficienze, fosse ormai perentorio abolire, almeno in una fase iniziale e per un tempo transitorio, da valutarne successivamente l’estensione, la complessa architettura costituzionale della separazione dei poteri, accentrando nelle giuste mani insieme il potere esecutivo, il potere legislativo e il potere giudiziario. Mi è parso, trovando piena corrispondenza in tanti altri, un ragionamento limpido e inattaccabile, del quale mi sono fatto sicuro ambasciatore. E poi, in rapida successione, hanno proceduto ad adottare infinite altre piccole e grandi decisioni, ad abolire l’ormai inutile tutela delle minoranze, il suffragio universale, il voto libero e segreto, la possibilità di candidarsi alle elezioni, il diritto alla sicurezza personale, alcuni elementi relativi alla proprietà privata, ecc. Giusto sei mesi fa è entrata in vigore la militarizzazione degli apparati di governo, l’obbligo di un esteso e professionale servizio militare e la repressione, fino a valutare addirittura il ricorso alla pena capitale, di ogni minimo segnale di disaccordo, opposizione e aperta oppure occulta ribellione.”
“Ti ho insegnato la solidarietà e la tolleranza, l’accoglienza e la fratellanza, l’amore per la libertà e per le proprie idee, il rispetto di quelle degli altri, l’importanza del pluralismo delle opinioni e dell’informazione, la rilevanza dell’impegno politico, civile e sociale, l’osservanza dei principi umani universali e di quelli costituzionali, il valore delle istituzioni, l’equilibrio e la divisione dei poteri, la grandezza della democrazia. Vi ho mostrato col mio esempio che bisogna essere sempre attori e controllori, non cedere mai di un millimetro perché ogni cedimento è una via senza ritorno e un passo indietro rispetto ai valori della democrazia. Perché, come ho letto una volta: Il cammino della democrazia non è un cammino facile. Per questo bisogna essere continuamente vigilanti, non rassegnarsi al peggio, ma neppure abbandonarsi ad una tranquilla fiducia nelle sorti fatalmente progressive dell’umanità.”
