“(…) per meglio circoscrivere il tempo e lo spazio, pur consapevole che al di fuori della mia percezione, della percezione umana, il tempo e lo spazio sono solo un’illusione.”
(Nella foto, Pablo Picasso, Ritratto di Dora Maar – rielaborazione grafica, 1937)
Osservo con attenzione il piccolo medaglione al collo della donna. È circolare, in filo metallico brunito che pare ottone. Intorno ci sono sei piccole volute a forma di capitello ionico, con una coppia di semplici spirali saldate alla circonferenza e la parte superiore ricurva, a sua volta incastrata in un piccolo anello. Cinque triangolini equilateri, con un vertice saldato, intervallano le sei volute, accostate in maniera da lasciare un tratto superiore della circonferenza libero, al cui centro è fissata una cupoletta sormontata da un minuscolo anello. Tutto è dello stesso materiale, geometricamente simmetrico. Un anello di colore un po’ più chiaro, potrebbe essere rame, collega l’anellino della cupoletta alla collana che trattiene il medaglione. Una collana lunga quanto basta da far pendere il medaglione cinque centimetri sotto il collo, costituita da una catena di anellini collegati tra loro, tutti di ottone brunito. È un insieme tutto sommato povero, ma di una eleganza antica. Mi dedico poi alla foto in bianco e nero incastonata nel medaglione, protetta da un sottile vetrino. È la testa di una donna, ritratta fino a mostrare l’orlo di un vestito scuro, a scollo aperto fino a metà delle spalle. Una bella donna, di età tra i trenta e i trentacinque anni, per quanto io possa dire. Il viso è leggermente rivolto di lato, a metà strada tra il davanti e il profilo, a guardare alla sua destra. I tratti sono delicati e perfetti, gli occhi scuri, come pure le sopracciglia, le ciglia e i capelli. Il taglio è corto, sia sulla nuca che sul davanti, ondulato, con un abbozzo di riga sulla destra, che lascia la fronte sufficientemente scoperta, ad inoltrarsi lungo la riga stessa. La luce viene dalla destra di chi guarda, ad illuminare la parte sinistra dei capelli, del volto e del collo, lasciando in ombra gli occhi, con un morbido gioco di chiaroscuri. Lo sguardo è intenso, soave e deciso allo stesso tempo, con un accenno di orgogliosa consapevolezza della propria bellezza, quasi di sfida. Una posa sicuramente dettata dal fotografo, un bravo fotografo. Mi viene spontaneo chiedermi chi sarà stata questa donna, nella sua immagine congelata in un medaglione di inizio novecento. Chissà cosa pensava mentre se ne restava immobile in attesa dello scatto, se sia andata da sola allo studio o accompagnata dal marito, dal fidanzato o anche solo da una sorella, da un’amica. Sarà stata felice della sua vita passata e delle prospettive della sua vita futura? Probabilmente anche lei, come tutti, aveva già compiuti i suoi errori e gioito dei suoi piccoli successi, compiuto le sue scelte e subito le scelte di altri. Magari aveva acidità di stomaco in quel momento, forse si stava trattenendo dall’andare in bagno, forse le veniva da ridere di tutta quella cerimonia della foto e si forzava per restare seria e misteriosa. Chissà se aveva fatto l’amore la sera prima o la mattina stessa, col suo uomo o con un amante. Forse aveva invece un appuntamento galante per pranzo o per cena, con tutte le incognite e le speranze del seguito. Aveva una vita intensa e movimentata o era una tranquilla e devota madre di famiglia? Sarà stata buona e gentile o cattiva e sprezzante?
Passo poi a guardare la donna che indossa la collana col medaglione. È come una zumata all’indietro nello spazio, dal particolare al generale, a fare da contraltare alla evidente zumata in avanti nel tempo, dal passato più remoto al passato più recente. Per la donna che tiene il medaglione sul suo petto, l’altra donna, quella nel medaglione, deve essere un ricordo appartenente al passato, tanto caro da tenerselo stretto sul cuore. È anche questa una foto, incorniciata e protetta da un vetro, una foto con dentro la foto del medaglione. Ancora in bianco e nero, rettangolare, con il lato maggiore verticale, forse di metà novecento. La cornice è semplice e lineare, in legno scuro, probabilmente noce. La donna è ritratta fin quasi alla vita, frontalmente, ma con il viso rivolto verso la sua sinistra, quasi completamente di profilo, tranne che per un accenno del sopracciglio sinistro, relativa palpebra e ciglia. La sua posa sembra contrapporsi a quella dell’immagine nel medaglione, sinistra contro destra. Anche lei è una bella donna, si direbbe sui quaranta. Anche lei è bruna, con un taglio di capelli ancora corto e ondulato, meno marcatamente di quello della donna nel medaglione, ancora con un accenno di riga, questa volta centrale. Indossa una camicetta bianca, scollata a punta fino ad altezza seno, con l’orlo costituito da una striscia larga di rosoni ricamati, su ambo i lati, che continuano sul davanti ed evidentemente girano intorno al collo. Il motivo dei rosoni si ripete anche sulle braccia, con strisce orizzontali distanziate. È una camicetta molto elegante e raffinata, che mette in risalto il collo, il petto e la collana col suo medaglione in primo piano. Sulla destra della foto c’è lo scorcio di una finestra chiusa, a tagliare verticalmente con il suo stipite sinistro tutta la foto, con la spalla e il braccio sinistro della donna che coprono parzialmente lo stipite stesso. La larghezza visibile della finestra occupa meno di un quarto della larghezza della foto, prolungandosi fino all’orlo in maniera prospettica, con una successione di rombi che costituiscono il motivo ornamentale della vetrata. L’estremità sinistra del vano della finestra, a delimitare la parete, segna verticalmente la foto per il breve tratto tra il lato superiore della foto e i capelli della donna, con un taglio a circa un terzo da sinistra della larghezza della foto. Lo sguardo di lei penetra orizzontalmente la finestra, come a guardare lontano, uno sguardo fisso e quasi romantico, evidenziato dal bianco della cornea dell’occhio destro, la cui pupilla scura si intravede appena. La luce diffusa dell’esterno penetra e avvolge la donna, investendone tutto il lato sinistro e la parte frontale del viso, disegnandone il profilo, il collo, le scapole, il ritmo dei rosoni, la catena della collana e il bordo del medaglione. Il gioco delle ombre dà vita al volto, ai capelli e alla camicetta, creando un contrasto tra le zone in chiaro e quelle scure, praticamente tutta la parte sinistra della foto dal limite del vano finestra in poi, la parte destra del volto, del collo e della camicetta. È una bella foto, indubbiamente, una posa certamente studiata attentamente dal fotografo, voluta e costruita in tutti i suoi dettagli, ad evidenziare la bellezza e la personalità della donna ritratta. Insieme, naturalmente, all’importanza per lei del medaglione in primo piano. Sembra evidente l’esistenza di un legame tra le due donne, probabilmente l’una sarà la figlia dell’altra, una certa somiglianza c’è, ma chi può dirlo con certezza. A cosa starà pensando mentre guarda o finge di guardare dalla finestra? Alla foto per la quale sta in posa o piuttosto a cosa farà dopo, all’ora di pranzo o alla sera, all’impegno che magari ha nel pomeriggio? Sembra sofisticata, una donna moderna, indipendente, benestante, difficile vederla come un angelo del focolare, come una moglie devota. Ha più l’aspetto di un intellettuale, una scrittrice magari, una giornalista, una fotografa lei stessa. Ma forse è solamente una ex ballerina, forse una accompagnatrice d’alto bordo, l’amante di un ricco banchiere o di un uomo politico. Potrebbe anche avere più di un amante, oltre quello ufficiale ricco e potente, magari uno scrittore squattrinato che più sia consono al suo estro cerebrale e anticonformista. E il fotografo? Un suo ammiratore, un suo amante o solo un professionista attento ad evitare ogni coinvolgimento col cliente e che non vede l’ora di tornare dalla sua donna? Mi pare soddisfatta di sé, della sua vita passata e presente, poco incline a guardare con timore al suo futuro, per niente preoccupata dagli anni che passeranno e dalla sua bellezza che inevitabilmente sfiorirà. Sarà così o sono io che mi lascio suggestionare dal suo fascino e dal suo temperamento?
Allargo ancora la prospettiva del mio sguardo, osservo per intero la foto collocata sul muro di fronte a me, con una cornice sottilissima di legno nero, ebano o teak. La foto con la donna col medaglione sul petto è collocata su una parete, nel quadrante superiore destro. Ancora una volta, alla zumata all’indietro nello spazio si contrappone un salto in avanti del tempo, da un passato più remoto ad un passato recente, forse addirittura al presente. La foto madre delle altre foto è sempre in bianco e nero, con la parete di uno spatolato chiaro a fare da sfondo ad una giovane donna, in piedi, ad occupare la metà di sinistra. Avrà al massimo venticinque anni, bella, esile e slanciata, complici anche i tacchi alti delle scarpe nere in décolleté a punta, il viso ovale lungo e i capelli alti sulla fronte. Indossa un semplice abito nero smanicato, attillato, a scollo rotondo un po’ austero, lungo fin quasi alle caviglie, poche dita al di sopra del cinturino nero circolare delle scarpe. Le forme sono morbidamente delineate, con i fianchi e la vita accentuati dalle mani sui fianchi, con le braccia a gomiti allargati. Ha solo un braccialetto metallico al polso destro. I capelli sono lunghi, sembrano un castano scuro, vaporosi verso l’alto e raccolti dietro la nuca per poi scendere disordinatamente lungo la spalla sinistra, fino al petto. Il viso è leggermente rivolto sul suo lato destro, il naso e la bocca perfetti, le sopracciglia scure, le labbra rimarcate da un rossetto probabilmente rosso fuoco, gli occhi chiusi e leggermente truccati, con ciglia lunghe e nerissime. La luce sembra provenire dalla sinistra della foto, diffusa, a suggerire ombre più che a delinearle. Nell’insieme è una figura molto attraente, con una postura altera e dispettosa nello stesso tempo. La ragazza sembra una modella, oppure si atteggia solo a modella, spontaneamente o per suggerimento del fotografo. Impossibile dirlo, le ragazze di oggi sono abituate alle pose, sanno essere professionali e spigliate nello stesso tempo, angeliche e demoniache, sante e dannate, disponibili e insensibili. A cosa starà pensando, con i suoi occhi chiusi, cosciente della sua bellezza, del potere della suo fisico e della forza del suo temperamento? Sicuramente al futuro, c’è da scommetterci, cosa potrà mai esserci di così significativo nel suo breve passato rispetto alle infinite prospettive del suo futuro? Magari oltre che bella è anche intelligente e brillante, forse già anche laureata, perché no. Ormai le oche giulive non esistono più, le ragazze sono in avanti di gran lunga rispetto ai ragazzi, sono loro quelli a rincorrere, annaspare e faticare per essere alla loro altezza, per competere o semplicemente per essere notati. Ha il mondo ai suoi piedi, non deve neanche chinarsi a raccoglierlo, è il mondo che protende verso di lei. Chissà se c’è un qualche rapporto tra lei e le altre due donne, quella col medaglione sul petto e quella sul medaglione. Potrebbe essere solo una scelta sua o del fotografo l’avere preferito uno sfondo muliebre, a sottolineare la continuità della bellezza femminile e la forza delle donne, magari è donna anche il fotografo. Ma potrebbe esserci davvero un legame fra le tre donne, una discendenza diretta. Certo, in tal caso c’è palesemente un anello generazionale mancante, troppo il tempo tra la metà del novecento e il presente. Forse un intermezzo maschile. La bisnonna nel medaglione, la nonna alla finestra, che ad un certo punto avrà deciso di essere madre, anche se escludo angelo del focolare e moglie devota, il papà e la figlia del presente. Mi piace pensare che sia così, che sia la rappresentazione del corso del tempo e della vita. E mi piace anche credere che l’assenza dell’elemento maschile sia voluta dallo stesso maschio, che si sia tirato indietro per scelta, per far risaltare l’elemento femminile nella continuità dell’esistenza. Si pone però il problema dell’assenza dell’altra presenza femminile necessaria, della madre della figlia, moglie o compagna del papà. Si sarà tirata fuori anche lei volontariamente, per dare spazio alla linearità del ramo paterno? Poco credibile, penso piuttosto che sia stata una esclusione voluta, per tagliarla fuori, per cancellarla e dimenticarla, colpevole vera o presunta. Mi allontano un po’ dalla foto sulla parete, per meglio dominarla nel suo insieme, per meglio circoscrivere il tempo e lo spazio, pur consapevole che al di fuori della mia percezione, della percezione umana, il tempo e lo spazio sono solo un’illusione.
È però ora di andare. La mia curiosità e la mia fantasia hanno già corso troppo. Mi giro intorno a dare un’ultima svogliata occhiata alla bella camera in cui mi trovo, lo studio del padrone di casa, parte del bello e grande appartamento che ho visitato accuratamente. La soffiata era buona, un lavoro tranquillo e redditizio. Il mio borsone è pieno di oggetti di valore, gioielli e contanti. Sento che c’è una cosa che devo fare. Cerco tra la refurtiva e lo trovo. Mi avvicino alla piccola cassaforte a muro che ho aperto con facilità e svuotato completamente, vi lascio in bella vista la collana col medaglione. Un ultimo rispettoso sguardo alle donne delle foto, poi lascio l’appartamento.
